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Adolescenza e benessere psicologico: quando intervenire?

adolescenza benessere mentale

L’adolescenza è un momento della vita che può essere difficile da gestire per alcuni giovani. Durante questo periodo, infatti, i ragazzi e le ragazze sperimentano una vasta gamma di emozioni diverse, a volte per la prima volta, e questo può essere molto spesso fonte di stress e ansia per loro e per i loro genitori. Nella maggior parte dei casi, tutto rientra con la crescita: basta osservare ed essere presenti, senza allarmare o minimizzare i vissuti che provano, intervenendo con sensibilità e autorevolezza quando necessario, lasciando che sperimentino il mondo con responsabilità. Alcuni fattori ambientali, personali e sociali, però, assieme alle continue richieste che la società impone, ai repentini cambiamenti a cui siamo sottoposti e alle nuove forme di comunicazione e interazione sociale fanno sì che questo periodo risulti ancora più complicato ed estenuante per alcuni adolescenti. In questi casi risulta importante beneficiare di un’attenzione psicologica, che sappia intervenire senza giudicare, affinché siano rispettati i tempi e i modi di ognuno di progettarsi, di decodificare i propri vissuti e sperimentare nuove possibilità di interpretazione e gestione della propria realtà.

L’adolescente tra rotture e nuove alleanze

La parola adolescenza, che deriva dal latino e significa appunto crescita, indica una precisa fase dello sviluppo caratterizzata da una complessità di variabili psicologiche e sociali strettamente interdipendenti. Gli adolescenti cercano principalmente di capire chi sono e quale è il loro posto nel mondo, provano a costruirsi una propria identità, sperimentano un processo di auto-scoperta e di ricerca di senso, che a volte può apparire strano, inspiegabile, incomprensibile agli adulti. Sicuramente è un periodo difficile che può portare a sentimenti di insicurezza e vulnerabilità, ma rappresenta anche una grande opportunità di crescere e svilupparsi al meglio, secondo le proprie reali inclinazioni. Per diversi studiosi (vedi Sagliocco, 2023), l’adolescenza può essere paragonata a una vera e propria fase liminale, una zona di confine in cui si perdono molti dei punti di riferimento prima di allora considerati primari e ci si affanna in una destrutturazione altamente creativa, allo scopo di far emergere nuovi paradigmi e configurazioni di sé. Proprio per questo, non è raro che un adolescente condivida di sperimentare ansia, paura o agitazione. A volte non sa neanche bene come spiegare questa sensazione: racconta di sentirsi fuori luogo, inappropriato, impotente; altre volte descrive prevalentemente sintomi fisici (mal di testa, disturbi gastrointestinali, vomito, vertigini, ecc.); altre ancora di voler lasciare la scuola o di non frequentare più attività sportive/ludico-sociali che svolgeva prima, allontanandosi anche dal gruppo dei pari. La dimensione sociale diventa molto spesso il fulcro dei problemi e delle necessità esistenziali, così come la dimensione corporea: quel corpo che sente, percepisce e abita il mondo prima ancora di pensarlo.

Se e quando intervenire: opportunità o problematicità?

Stress, pressione sociale, paura del futuro e difficoltà scolastiche possono favorire vissuti di ansia e fragilità negli adolescenti, che possono a loro volta sfociare in sentimenti depressivi, condizioni di auto-isolamento, agiti impulsivi, dipendenze, disordini alimentari, e così via. A volte assistiamo a picchi di sofferenza e instabilità che ci sembrano anomali, portavoce di un’altalena di emozioni che nella maggior parte dei casi si riassestano però in breve tempo. Non bisogni problematizzare o, per meglio dire, “psicopatologizzare”, un periodo che è fatto già di per sé di instabilità emotiva e cambiamenti, non bisogna allarmarsi se a volte ci sono giorni più altalenanti di altri, ma se l’adolescente fa richiesta di essere ascoltato, si sente incompreso, si isola o mette in atto comportamenti pericolosi per sé e/o per gli altri, preoccupando genitori e insegnanti, allora l’idea di rivolgersi ad uno psicologo potrebbe aiutare il giovane e il suo nucleo familiare a comprendere meglio ciò che sta succedendo.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità indicatori di sofferenza psicologica in adolescenza sono:

  • Peggioramento del rendimento scolastico, con calo improvviso e significativo;
  • Stanchezza e radicale perdita di interesse per le attività che prima erano invece sentite come appassionanti;
  • Difficoltà di concentrazione, di memoria e pensieri incomprensibili;
  • Riduzione della cura personale;
  • Eccessivi sbalzi di umore;
  • Ritiro sociale e cambiamenti nelle relazioni (si preferisce restare a casa, anziché frequentare amici, parenti o situazioni sociali).

Come intervenire? L’approccio fenomenologico all’adolescente e alla sua famiglia

L’avere cura del ragazzo o della ragazza adolescente in ambito psicologico può assumere diverse forme: in linea generale, in qualità di genitori, saper essere presenti e pronti all’ascolto, senza sminuire o giudicare, può già fare tanto, facilitando la richiesta di aiuto e la condivisione delle proprie difficoltà. Per il genitore, riprendere contatto con la propria esperienza di adolescenza facilita il confronto, in quanto predispone alla comprensione empatica di ciò che sta vivendo il proprio figlio, ma anche a evidenziarne le differenze, per entrare meglio in sintonia con la sua unicità e particolarità. Uno dei faticosi compiti del genitore è, infatti, sostenere i propri figli nel percorso di individualizzazione e soggettivazione insito nella crescita, aiutandolo a far emergere la parte più autentica di sé, anche se questo significa sentirlo altro da sé, diverso, un individuo con le proprie idee e inclinazioni. Proprio per questo, chiedere una consulenza ad uno psicologo non significa ricevere un’etichetta diagnostica, ma avere un aiuto professionale nel comprendere meglio ciò che sta succedendo e intervenire, considerando tutte le dimensioni di vita (scolastica, familiare, sociale, ecc.). Intervenire su più piani risulta necessario per aiutare l’adolescente, in quanto le difficoltà tendono a ripresentarsi anche in età adulta e sotto varie forme. Rivolgersi ad uno psicologo potrebbe, quindi, facilitare questo percorso, anche attraverso varie modalità. La psicoterapia individuale, ad esempio, risulta utile nell’aiutare ad esprimere i vissuti emotivi e dargli un nuovo senso, identificare e sostituire schemi di pensiero inappropriati, migliorare la comprensione di sé e degli altri, e così via; la terapia familiare può aiutare a sviluppare relazioni più sane con i genitori e/o altri membri della famiglia; la terapia di gruppo facilita gli adolescenti a sviluppare relazioni positive con i loro coetanei.

Perché rivolgersi al Centro Medico Petrazzuoli?

Particolarità del nostro centro è quella di dare la possibilità ai pazienti di potersi servire in un’unica struttura di diverse consultazioni, nel caso ce ne fosse bisogno, e poter così avvalersi facilmente di una équipe multidisciplinare che possa lavorare eventualmente su diversi piani di intervento. Nel nostro centro, ad esempio, oltre alle sedute di psicoterapia, è possibile richiedere consulti di nutrizionisti, neuropsichiatri, pediatra, logopedisti, ecc. in modo da poter lavorare efficacemente e con maggiore risolutezza. All’interno della equipe, poi, viene accolta e analizzata la domanda della persona, mettendo in campo competenze diverse e analizzando i vari punti di forza e di fragilità, quindi definendo un progetto integrato per un intervento globale e mirato ad ogni singolo caso, al fine di trovare la soluzione più adatta per quell’individuo e la sua famiglia. Affrontare una questione da più punti di vista permette, infatti, di abbreviare i tempi dell’intervento, agire in modo esaustivo e consolidare e monitorare le modificazioni e gli obiettivi raggiunti nel tempo.

Articolo scritto da:

Dott.ssa Immacolata Zarrella

Psicologa Psicoterapeuta


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Domande e Risposte frequenti

Mio/a figlio/a si rifiuta ad andare a scuola, cosa posso fare?

Nel caso la resistenza ad andare a scuola perduri da più di due settimane, il ragazzo o la ragazza fanno chiamare a casa, accusando malesseri vari, risulta necessario intervenire tempestivamente chiedendo aiuto ad uno specialista. In genere, accusare l’adolescente o minimizzare ciò che prova farà sì che tenderà a spostare la sua difficoltà maggiormente su sintomi fisici. Provate a tranquillizzarlo e cercate di essergli vicino in questo momento di particolare cambiamento: molto spesso i primi anni delle scuole superiori sono periodi intensi e difficili, vengono avanzate tantissime richieste ai nostri figli, di tipo scolastico, sociale e personale, a cui è complesso fare fronte. Anche coinvolgere la scuola, attraverso il coordinatore di classe, ad esempio, potrebbe essere d’aiuto per un rientro graduale e una sensibilizzazione del corpo docente e della classe alle dinamiche di gruppo.

Cosa fare se mio/a figlio/a si rifiuta di fare cose che prima faceva volentieri?

È importante che nostro figlio si senta compreso anche nel suo processo di esplorazione e soggettivazione di sé e del suo mondo, accettando che possa cadere, ma facendo comunque attenzione che non si faccia male. Sicuramente può essere utile spiegargli cos’è l’ansia, che non è pericolosa, che ha una durata limitata e che molto spesso si attiva anche solo attraverso un pensiero che non è detto che si avveri. Anzi, questi pensieri a volte gli fanno credere cose che non accadranno mai, ma è importante offrirgli uno spazio non giudicante di confronto per rassicurarlo al meglio. Molto spesso, esserci, già solo con la nostra presenza, può essere d’aiuto, senza minimizzare o esagerare i vissuti.

Mio/a figlio/a si chiude sempre in camera e pare non voler più avere contatti con gli altri

Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un fenomeno particolare tra gli adolescenti di tutto il mondo, ossia il fenomeno degli Hikikomori. Con tale termine ci si riferisce a quei ragazzi che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori. Il sito Hikikomori Italia riporta che In Italia si stimino, solo nella fascia studentesca, tra i 50mila e i 70mila casi, soprattutto tra i giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%), anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato. Le cause possono essere molteplici, una combinazione di fattori individuali, familiari e sociali che portano il ragazzo o la ragazza a sentirsi inadeguato, frustrato e impotente di fronte alle aspettative e alle pressioni che la società gli impone. Sempre il sito Hikikomori Italia riporta come fattori predisponenti: la difficoltà di trovare il proprio ruolo e la propria identità in una società complessa e competitiva, che richiede prestazioni elevate in ambito scolastico, lavorativo e relazionale; il conflitto tra i valori tradizionali e quelli moderni, che genera confusione e senso di colpa nei giovani, che si sentono in dovere di rispettare le norme imposte dalla famiglia e dalla cultura, ma allo stesso tempo desiderano esprimere la propria individualità e libertà; il bullismo e la discriminazione da parte dei coetanei, che possono essere fonte di umiliazione, paura e rabbia per chi non si conforma agli standard di bellezza, di successo e di popolarità; la dipendenza da Internet e dai videogiochi, che offrono una via di fuga dalla realtà e una gratificazione immediata, ma che al tempo stesso rinforzano l’isolamento e la perdita di contatto con la realtà.

Le conseguenze di questo isolamento sono molteplici e possono diventare molto gravi, sia sul piano fisico che su quello psicologico:

  • la compromissione dello sviluppo fisico, dovuta alla mancanza di esercizio, di luce solare e di una dieta equilibrata, che, come sappiamo, può portare a problemi di salute come obesità, malnutrizione, insonnia, disturbi della vista e del sonno;
  • la compromissione dello sviluppo cognitivo, dovuta alla mancanza di stimoli, di apprendimento e di creatività, con conseguenti problemi di memoria, di attenzione, di ragionamento e di linguaggio;
  • la compromissione dello sviluppo emotivo, dovuta alla mancanza di relazioni, di affetti e di esperienze (e susseguenti problemi di autostima, di empatia, di regolazione delle emozioni e di gestione dei conflitti);
  • la compromissione dello sviluppo sociale, dovuta alla mancanza di integrazione, di partecipazione e di cooperazione.

È evidente che l’isolamento totale e prolungato non è che l’ultima fase di un processo graduale, per cui risulta necessario attenzionare già ai primi campanelli di allarme, ossia il rifiuto saltuario di andare a scuola, utilizzando scuse di qualsiasi genere; abbandonare le attività che richiedono comunque una socializzazione; la preferenza per attività solitarie, ecc. Intervenire in queste prime fasi risulta ovviamente di fondamentale importanza. Attraverso i servizi psicologici, sociali e sanitari si offre un’assistenza personalizzata e integrata agli adolescenti e alle loro famiglie, basata sull’ascolto, sulla comprensione, sulla motivazione e sulla riabilitazione, al fine di favorire il recupero delle competenze, delle relazioni e della fiducia degli adolescenti, affinché possano ritrovare un nuovo senso di sé nella società.

Il Centro Medico Petrazzuoli è a vostra disposizione per qualunque dubbio o necessità, contattateci con fiducia.

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